Menu principale:
Filosofia del giardinaggio come metafora di vita
Questo delizioso volumetto dello scrittore ceco Karel Capek, nato da una serie di elzeviri e pubblicato nel 1929, non vuole certamente essere un libro di giardinaggio, ma piuttosto un ritratto ironico e partecipe di quella bizzarra specie che è il giardiniere dilettante. All' inizio, prima della metamorfosi, il futuro giardiniere è un uomo come tanti altri, convinto «che il fiore sia quella cosa che si porta all' occhiello o che si offre alle ragazze»; finché un giorno gli accade magari di mettere a dimora una piantina con le proprie mani, e allora, come per contagio, la terra gli trasmette quella sorta di intossicazione che fa di lui, per sempre, un «giardiniere entusiasta», dominato da una «passione insaziabile». Capek parla di questa malattia con cognizione di causa, essendone affetto lui stesso; il che non gli impedisce di sorridere, e far sorridere il lettore, descrivendo la natura infida del tubo di gomma o l' indomabile rigoglio delle erbacce. L' attività del giardiniere è seguita mese dopo mese, dai primi preparativi di gennaio sino a dicembre, quando il giardino riposa finalmente sotto una coltre di neve ed egli «si ricorda di aver dimenticato qualcosa: di guardarlo». Poiché il giardiniere è decisamente un homo faber, lo vediamo sempre chino sulle sue aiuole, intento a vangare, sarchiare, concimare. Eppure proprio a lui la natura ha confidato il suo più grande segreto: non il fulgore visibile della fioritura, ma la formidabile opera sotterranea che la prepara, e quell' imperativo della crescita che è legge suprema tanto per le piante quanto per gli esseri umani. Paola Capriolo * KAREL CAPEK L' anno del giardiniere A cura di D. Galdo SELLERIO PP. 196, 12